Dumping: cosa significa
Nel contesto dei rapporti economici internazionali, soprattutto commerciali, si fa sempre di più ricorso all’utilizzo del termine inglese Dumping, per evidenziare in generale attività commerciali scorrette conseguenti all’offerta di prodotti o servizi su mercati esteri a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli praticati sul mercato interno; i vantaggi economici conseguiti sul territorio straniero possono essere dovuti ad esempio al basso livello di tutela dei lavoratori o dell’ambiente vigente nel paese di origine dei beni e servizi .
Si tratta dunque fondamentalmente di una forma di concorrenza sleale e, conseguentemente, di una distorsione del commercio internazionale tra paesi.
In altre parole, la pratica del Dumping indica una specifica strategia commerciale, distorsiva rispetto ai normali equilibri di mercato, secondo la maggior parte degli operatori, con la quale la merce viene esportata a prezzi inferiori rispetto al suo valore normalmente praticato. Per valore normale, si intende il prezzo praticato all’interno del Paese nel quale vengono prodotte le merci; tuttavia, nel caso di prodotti provenienti da paesi ove non esiste un’economia di mercato, il valore normale è determinato in base al prezzo applicato o al valore realizzato in un paese terzo in un’economia di mercato o al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo verso altri paesi oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra comparazione equa.
Ancora, Il Dumping può anche consistere nello stabilire prezzi differenti rispetto a consumatori diversi, con l’applicazione di un prezzo sempre più basso per le esportazioni rispetto ai beni venduti a livello domestico. Il prezzo d’esportazione considerato è quello fob (free on board) ed esclude quindi i costi di trasporto e di assicurazione. Secondo la definizione Incoterms (International Commercial Terms ovvero l’insieme dei termini utilizzati per definire diritti e doveri dei soggetti coinvolti nelle operazioni di trasferimento beni a livello internazionale) il prezzo FOB – in italiano franco a bordo in porto definito – è una clausola per cui il venditore consegna la merce mettendola a disposizione in un porto concordato, caricata sulla nave e, se necessario, sdoganata per l’esportazione, mentre il compratore si assume tutti i costi e rischi del trasporto marittimo.
Per l’Associazione Italiana Commercio Estero (AICE), gli Incoterms indicano chiaramente quali sono gli obblighi ed i rischi a carico del venditore o del compratore e forniscono quindi regole internazionali uniformi per l’interpretazione dei termini commerciali di consegna delle merci da inserire nei contratti di compravendita.
Le ragioni che inducono le imprese a praticare il Dumping possono essere individuate, di regola, nell’esigenza di escludere dal mercato (e da qui l’espressione Dumping Predatorio) le imprese concorrenti, affinché possano essere conquistati nuovi sbocchi per la propria produzione e per ampliare quindi la propria quota di mercato all’estero. Il Dumping è quindi tendenzialmente considerato una pratica commerciale scorretta che può provocare consistenti danni all’industria nazionale del paese che lo subisce.
Nella pratica, infine, quando si parla del Dumping, si è soliti classificare la disciplina in tre tipologie, dove viene preso come parametro l’arco temporale in cui si è constatata la presenza del fenomeno (sporadico o persistente) e le modalità con le quali si è manifestato (persistente):
- Dumping predatorio;
- Dumping sporadico;
- Dumping persistente.
Dumping Sociale
L’aggettivo Sociale amplia i connotati del concetto di Dumping, dove si prende in considerazione anche la possibilità che il bene oggetto della pratica scorretta venga prodotto appositamente in un paese terzo, in quanto la componente del costo legata al lavoro risulta magari molto più bassa rispetto al paese d’origine dell’impresa. Un esempio sono le attività produttive delocalizzate in alcuni paesi in via di sviluppo, dove persistono situazioni di sfruttamento dei lavoratori a causa del mancato rispetto di determinati diritti sociali o del lavoro, con l’ovvia conseguenza di produrre merci a condizioni di costo particolarmente favorevoli.
Il Dumping di carattere Sociale assume così un significato più ampio, includendo in esso anche i vantaggi economici derivanti dai costi che le imprese traslano sulla società. Secondo alcuni, il processo di liberalizzazione del mercato del lavoro consente alle imprese di utilizzare in maniera meno rigida il fattore lavoro ma, nel caso di Dumping Sociale, senza sopportarne i costi legati al precariato e alla disoccupazione che ricadono invece sulla collettività.
Si usa parlare anche di Dumping Ambientale nel caso in cui la produzione di beni avviene a prezzi inferiori perché questa viene realizzata in paesi dove non esistono norme per la tutela ambientale.
Dumping salariale
Quando si parla di Dumping Salariale, si prende come punto di riferimento lo stipendio di un lavoratore che all’estero può risultare svalutato rispetto al reale valore intrinseco dello stesso nel paese di origine.
Sempre legato alle altre tipologie di Dumping (fiscale e sociale) il Dumping Salariale va a completare un quadro problematico che ha a che fare sempre con il tema della globalizzazione. Tale sistema tende a comprimere i diritti dei lavoratori limitandone il loro potere di contrattazione generale, creando perciò Dumping Salariale nei processi di esternalizzazione riguardanti le filiere di produzione a livello globale, con l’unico obiettivo della competitività totale e della massimizzazione estrema degli utili di impresa.
Dumping Fiscale
Infine, si parla di Dumping Fiscale quando invece il governo di uno stato abbassa determinate aliquote fiscali e tende a diminuire la pressione fiscale, con l’obiettivo di attirare investitori o contribuenti dall’estero, per trarre guadagni sui loro consumi nel mercato domestico e sulle imposte dirette.
Il Dumping Fiscale può essere inteso anche come un’agevolazione per imprese e contribuenti che possono scegliere dove essere tassati: se applicato oltre certi livelli, può essere un fenomeno di distorsione verso la concorrenza e, quindi, un ostacolo nei confronti della riallocazione dei redditi da parte dello Stato.
Antidumping
Con il termine Antidumping, si identificano delle misure messe in atto dagli Stati per contrastare le pratiche sleali commerciali di Dumping, che vengono considerate come una forma di Protezione Amministrata (Administered Protection). La disciplina attualmente in vigore relativa alle misure di Antidumping è costituita dal Regolamento Europeo n° 384/96. Il Regolamento in questione recepisce fedelmente l’Accordo Antidumping dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) o WTO (World Trade Organization), elaborato nel corso del negoziato multilaterale dell’Uruguay Round del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, in italiano, Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio) del 1994, dove hanno partecipato 123 paesi.
Tale accordo disciplina i presupposti, i limiti e le modalità di reazione dello Stato importatore nei confronti dei produttori-esportatori esteri i quali, praticando Dumping, possono arrecare danni al proprio settore industriale nazionale. Oggetto principale della disciplina OMC/WTO è quindi l’Antidumping: con la suddetta normativa, dove i diretti destinatari non sono le imprese ma gli Stati, si mira ad evitare che vengano adottate misure reattive per finalità meramente protezionistiche.
L’Antidumping è quindi uno strumento lecito di protezione che lo Stato importatore può mettere in atto, quando ha subito un comportamento scorretto e pregiudizievole per la propria industria nazionale, col quale si introducono dei dazi addizionali rispetto a quelli negoziati in sede multilaterale, in presenza di determinate condizioni richieste e a seguito di una rigorosa istruttoria.
Per far fronte a tali problemi gli Stati, hanno decretato specifiche norme attraverso le quali possono essere attuate misure di reazione (di regola appunto l’apposizione di dazi diretti all’importazione) nei confronti di specifici prodotti che, a prezzi di Dumping, entrano nei propri mercati e arrecano danni economici all’industria nazionale.
Per fare un esempio, basti pensare ai nuovi dazi commerciali che il presidente USA Donald Trump ha introdotto sulle importazioni di acciaio e alluminio per contrastare ipotetiche operazioni di Dumping da parte di altri Stati (ad es. Brasile, Messico, Corea del Sud) e per proteggere il settore siderurgico americano.
L’esigenza di definire una normativa internazionale in grado di ridurre le aree di tensione tra gli Stati e di impedire che l’arbitrio dei singoli paesi possa avere il sopravvento (arbitrio che può sfociare in pratiche protezionistiche) costituisce, pertanto, il principale motivo ispiratore dell’Accordo Antidumping. La giurisprudenza dell’OMC ha contribuito in maniera significativa nel corso degli anni a chiarire la portata di obblighi e facoltà, dando così maggiore sicurezza agli operatori.
Negli ultimi decenni, la materia dell’Antidumping ha assunto un significato nuovo alla luce dei cambiamenti generati dalla totale globalizzazione dei mercati. In special modo, il peso e l’influenza commerciale dei paesi emergenti giocano oggi un nuovo ruolo, ormai da protagonisti, sulla scena economica internazionale, con conseguenze importanti sui vari mercati.