Stipendi in contanti: divieto da luglio 2018

Stipendi in contanti: divieto da luglio 2018

 Stipendi in contanti: in molti casi una prassi ancora diffusa

Talvolta sollecitata anche da alcune categorie di lavoratori, la prassi del pagamento di stipendi in contanti è stata una consuetudine molto diffusa soprattutto nei casi di collaborazioni brevi o a bassa specializzazione ma anche tra imprese che erano solite corrispondere ai lavoratori cifre con questa modalità appositamente per pagare meno contributi sociali o per integrare parte della busta paga.

Altra prassi piuttosto diffusa da parte di alcuni datori di lavoro è quella di utilizzare il denaro in contanti per pagare ai dipendenti cifre più basse rispetto al netto risultante dalla busta paga.

Proprio per evitare abusi fiscali ed evasioni di questo tipo e per tutelare i lavoratori, è stata approvata una nuova legge che, dall’1 luglio 2018, prevede obblighi di tracciabilità per il pagamento degli stipendi e sanzioni amministrative a chi invece persisterà nel pagare cash i propri lavoratori subordinati.

 

Stipendi in contanti: cosa prevede la nuova legge 205/2017

Le nuove regole sul pagamento degli stipendi scaturisce dalla Legge di Bilancio 2018 che recepisce la legge 1041 approvata il 15 novembre 2017.

I commi della Legge di Bilancio da cui scaturiscono le nuove disposizioni sono dal numero 910 al 914 incluso.

Oltre alle modalità di pagamento ammesse, si fa esplicito divieto al pagamento in contanti per qualsiasi tipologia di lavoro subordinato con riferimento all’art. 2094 del Codice Civile, indipendentemente dal tipo di attività svolta o dalla sua durata.

È il comma 912 della Legge di Bilancio 2018 che illustra quali tipi di contratto sono compresi nel divieto mentre il comma 913 esclude invece quelli non compresi. È da sottolineare che la firma sulla busta paga non potrà più fungere da conferma di avvenuto pagamento, ma farà fede appunto solamente la tracciabilità elettronica o bancaria.

 

Forme di pagamento consentite per pagare gli stipendi

Le forme di pagamento con caratteristiche di tracciabilità previste dalla normativa sono diverse e danno larghe possibilità al datore di lavoro:

bonifico bancario ovvero corresponsione della cifra pattuita tramite trasferimento bancario da un conto corrente identificato dal codice IBAN ad un altro;

assegno bancario o assegno circolare consegnati direttamente al lavoratore o ad un suo delegato, in caso di impedimento comprovato;

pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro ha un conto aperto e dove vi sia prevista la possibilità di mandato di pagamento.

strumenti di pagamento elettronici.

 

Contratti per cui si applica il divieto di pagare stipendi in contanti

L’esplicito riferimento al divieto di pagamento di stipendi in contanti considera i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e qualsiasi forma di contratto tra cooperative e propri soci, oltre, naturalmente, a tutte le forme di lavoro subordinato previste dall’art. 2094 del codice civile.

Per tutti i datori di lavoro interessati da questi contratti, in caso di violazione della norma, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria che va dai 1.000 ai 5.000 euro.

 

Settori esclusi dall’obbligo di pagare gli stipendi in contanti

Al comma 913, la normativa esclude il settore del lavoro domestico perché tutelato diversamente ossia da contratti collettivi peculiari stipulati attraverso associazioni sindacali nazionali e gode già di protezione e tracciabilità. Colf, assistenti domestici, badanti e baby-sitter potranno pertanto ancora ricevere stipendi pagati in contanti, secondo quanto previsto dalla legge.

Lo stesso vale per il settore della pubblica amministrazione.

 

Finalità del divieto di stipendi in contanti

In conclusione, la finalità del divieto degli stipendi in contanti è quella di scongiurare la prassi che i lavoratori vengano pagati con modalità non conformi alla legge: principalmente, l’erogazione di somme in nero per trarre vantaggi fiscali in sede di dichiarazione d’azienda o cifre più basse rispetto al netto della busta paga, forme più o meno piccole di evasione che certamente non tutelano i lavoratori.

Oltre che per cercare di risolvere questo malcostume, la Legge 205/2017 va anche a coprire l’esigenza di conformità alle disposizioni europee sulla tracciabilità dei flussi finanziari e sulle leggi anticorruzione e antiriciclaggio.

Ai fini dell’attuazione della nuova norma, la legge stessa autorizza il Governo ad una spesa di 100.000,00 euro per comunicare e pubblicizzare le disposizioni e segnala la collaborazione tra Poste italiane S.p.A., Associazione bancaria italiana, associazioni dei datori di lavoro e associazioni sindacali, per l’identificazione degli strumenti idonei e diffonderne e promuoverne la conoscenza.